Siamo nel dolore della memoria,
spiriti avvolti dalle spirali acide del nirvana,
appostati nella polvere
sollevata dalle scarpe dei vecchi.
Vecchi pensosi,
loro odiano gli oboli di stanca retorica,
elargite da angeli che non disdegnano ampie scollature
e frasi di circostanza,
per lenire l'affanno di gesta ingloriose,
ruminate con fatica e rimpianto.
Preferiscono il caldo ricordo della sfrontatezza,
i rivoli di sudore,
lo svolazzare di sottane
e i fiumi di birra
nel mattino della festa del santo.
Loro non sognano l'immortalità.
Pregano solo di conservare la
noia dell'attesa, senza curarsi
del fuoco che brucia l'anima
e dei calli alle mani,
marchi del volere dell'uomo pratico
o del destino di un servo scortese.
Una vita trascorsa fra le grida di mocciosi
e le bestemmie dei santi.
Il desiderio dell'esodo verso
luoghi esotici però rimane,
ma senza più l'affanno
per le rughe nei volti di cuoio
e per la furia demolitrice del tempo
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