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Il senso dell'attesa di Bastian

Non trovo la dimensione dell'attesa,
quella noia operosa
che accompagna gli schiocchi delle dita
e la schiena arcuata
protesa agli odori di strada
e al volo molesto del moscone.
Vorrei cogliere l'infinito nelle nubi scontrose
e il loro vorticare gli orti.
Forse presterò orecchio ai rumori di passi
di salesiani scalzi,
che reclamano attenzione
per le spoglie mortali di migranti
e assassini di corta memoria.
Forse danzerò nelle osterie
untuose e piene di calcinacci sbriciolati
dall'incuria verbosa di vecchi ricurvi.
Forse aprirò dibattiti
sul nuovo cinema dell'amico ritrovato,
racconti sulla tirannia del tempo
e sul profumo di vagine
ben disposte agli sguardi tamarri.
Magari ordinerò una pizza.

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Vergogna

  Tutto degrada tranne la vergogna, nei cuori di tenebra non c'è vergogna. Vergogna è ansimare di cupi teatranti e sentimenti di mezzi uomini. Vergogna è anima di agnello sfuggito al latrare dei cani, vergogna è il ciglio abbassato del superuomo e il desiderio di morire restando vivi   Voglio seppellire la vergogna nell'oscurità del borgo  e nella gaiezza dei conventi, voglio dimenticare il sangue, il lavacro degli dei, le colpe del mondo profondo e tetro.

La violenza

È tempo ormai che ho smesso di menare le mani, ma posso sempre ricominciare, in fondo diceva l'amico dei bassifondi è come andare in bicicletta. Non sopporto l'ombra nera che avvolge tutto e offusca ogni memoria di ponti sull'acqua e di maldestri abboccamenti di femmine  col cuore in affanno. Non sopporto la vigliaccheria che ti avvelena l'animo e proietta immagini della violenza benedetta dal cattivo maestro o usata come un destino di pietra dal sicario dell'ultima serie TV, surrogati della forza interiore dell'Übermensch. Eppure è lì, nella violenza, nell'amaro in bocca, nei rimpianti e nel ruggito dell'eroe che intravedi la salvezza e l'onore

Giano Bifronte

Giano bifronte, betulle di sangue e memorie dell'orbo di sotto. Guerra di orridi consigli e coscienze disperse nei vicoli di Leopoli. Donne del Donbass che fabbricavano bombe per il partito, vecchie, rancorose ormai, aspettare sull'uscio di casa la benevolenza di donne col saio e uomini accalorati. Giano bifronte, Gaza non vale una messa e nemmeno la pietà di infami belanti. Polvere di mattoni, rotte di fumo e sangue atteso. Pianure, pianure, detriti, memorie cancellate, volte di cannoni. Normalità cancellata la domenica della partita e delle risa di donne, freni stridenti del carretto dei bambini. Camici insanguinati dei tirocinanti dell'est, bravi medici, e padri e figli del rancore. Gaza, Ucraina, Ucraina, Gaza, la notte dei corvi viventi spazza via ogni ragione complice, prigionieri del vento oblungo. Giano bifronte, infami flagelli che non coprono le urla di madri, sedano con l'alcol e cattivi presagi la coscienza del secolo breve