Definitivo,
una frase secca, grondante di senso,
che scioglie
il pallore della rivoluzione.
Incitamento,
messaggio imbonitore,
recide il malcontento
con lame rotanti,
aggiudica morale e senso
del vivere, guardando
il sole degli antenati.
Non usare personalismi,
non perchè non esista l'io
con le fronde del disonore,
esiste, ma è patetico.
Non io, si vuole essere impersonali
scrutare il buio,
intuito di erbe disseccate
e servite fredde.
Madri che imprecano
l'ultima jacquerie di figli molesti.
Padri che sorseggiano vino scadente per sedare l'ansia delle attese di dialogo.
Figli che assaporano il gusto dell'offesa,
senza riguardo, nè comprensione
per le spalle ricurve,
eroi per un giorno, esentati dai sensi di colpa per i loro ghigni compiaciuti.
Non ci sono personalismi,
solo maldestri tentativi
"L'infame involontario" è un membro di una ristretta categoria di persone, di per sè non necessariamente disoneste intellettualmente. L'infame involontario però è pur sempre un infame, oggettivamente spregevole nel suo esprimersi e nella costruzione delle sue tesi. A differenza dell'infame "volontario" soggettivamente infame, che coltiva la sua infamia in piena sintonia con la sua personalità, senza alcun senso di colpa ed è totalmente asservito alle esigenze del potere, l'infame involontario ha una storia travagliata alle spalle, fatta di conflitti interiori, di esperienze al limite, spesso contrassegnate dalla violenza come emersione di un percorso interiore in cui il parassita della doverizzazione ha imposto scelte radicali seppur sofferte. Parliamo di una visione della giustizia universale dove si impone la scelta di stare dalla parte del più debole e degli sfruttati senza fare sconti alla propria coscienza, consapevoli di dover compiere scelte ...
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