Vorrei scrivere e poetare
come Ungaretti e Montale,
fratelli di eterno.
Vorrei scrivere anticaglie
e follie rapite dal gelo
e dalla supponenza,
come Sbarbaro
e Dino Campana.
Ancora di più
vorrei somigliare a Dante
e Petrarca, tecnici del suono sublime.
Vorrei maneggiare piedi, endecasillabi,
settenari
anafore,palisindeti, enjambement
metriche sublimi, cariche di echi profondi.
Mi accontento di rudimentali esangui
materie del vissuto barbaro e meschino
e di un cuore di fibre sconnesse
"L'infame involontario" è un membro di una ristretta categoria di persone, di per sè non necessariamente disoneste intellettualmente. L'infame involontario però è pur sempre un infame, oggettivamente spregevole nel suo esprimersi e nella costruzione delle sue tesi. A differenza dell'infame "volontario" soggettivamente infame, che coltiva la sua infamia in piena sintonia con la sua personalità, senza alcun senso di colpa ed è totalmente asservito alle esigenze del potere, l'infame involontario ha una storia travagliata alle spalle, fatta di conflitti interiori, di esperienze al limite, spesso contrassegnate dalla violenza come emersione di un percorso interiore in cui il parassita della doverizzazione ha imposto scelte radicali seppur sofferte. Parliamo di una visione della giustizia universale dove si impone la scelta di stare dalla parte del più debole e degli sfruttati senza fare sconti alla propria coscienza, consapevoli di dover compiere scelte ...
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