Bisogna parlare ancora della guerra
del soffio gelido che sussurra all'orecchio
l'attimo della sofferenza cercata,
mentre le immagini del sangue
formano un alone scuro
sui nostri corpi pietrificati.
Questa guerra, quelle guerre
come direbbe Braudillard non esistono,
sono simulacri che raffigurano il sangue.
Lo stridio di una sofferenza inaudita,
le smorfie di dolore, le sagome dei soldati compresse
dentro tenute da combattimento da dove pendomo armi e simboli
della ferocia, che scacciano la follia
e infondono lo spirito a un corpo malato,
non esistono. Non per noi che non siamo sul campo di battaglia.
Ci sforziamo ogni giorno di alimentare il fuoco della nostra umanità
e rendere reali quelle immagini.
Non è possibile, se lo fosse
assorbiremmo tutta la follia della guerra nei nostri corpi
Non per noi che continuiamo la nostra vita
per preservare un'apparenza di normalità
il giorno in cui i soldati torneranno a casa
e i civili saneranno le loro ferite,
aggrappandosi al mondo virtuale che hanno smarrito.
Non per noi, che godiamo ancora di attimi fatali
e dei piccoli soprusi di una routine malata.
Vorremmo estrarre la conoscenza dal dolore
e il dolore dalla conoscenza,
ma siamo sopraffatti dalla falsa
immagine del reale, che diventa um vuoto latrare di commentatori
senza anima e col ghigno improvvisato
di chi annuncia la tragedia durante un pranzo in famiglia.
Non per noi è vivere per la morte e per gli schizzi di sangue,
fino a quando non perderemo tutto
e indosseremo la maschera del condannato a morte
del soffio gelido che sussurra all'orecchio
l'attimo della sofferenza cercata,
mentre le immagini del sangue
formano un alone scuro
sui nostri corpi pietrificati.
Questa guerra, quelle guerre
come direbbe Braudillard non esistono,
sono simulacri che raffigurano il sangue.
Lo stridio di una sofferenza inaudita,
le smorfie di dolore, le sagome dei soldati compresse
dentro tenute da combattimento da dove pendomo armi e simboli
della ferocia, che scacciano la follia
e infondono lo spirito a un corpo malato,
non esistono. Non per noi che non siamo sul campo di battaglia.
Ci sforziamo ogni giorno di alimentare il fuoco della nostra umanità
e rendere reali quelle immagini.
Non è possibile, se lo fosse
assorbiremmo tutta la follia della guerra nei nostri corpi
Non per noi che continuiamo la nostra vita
per preservare un'apparenza di normalità
il giorno in cui i soldati torneranno a casa
e i civili saneranno le loro ferite,
aggrappandosi al mondo virtuale che hanno smarrito.
Non per noi, che godiamo ancora di attimi fatali
e dei piccoli soprusi di una routine malata.
Vorremmo estrarre la conoscenza dal dolore
e il dolore dalla conoscenza,
ma siamo sopraffatti dalla falsa
immagine del reale, che diventa um vuoto latrare di commentatori
senza anima e col ghigno improvvisato
di chi annuncia la tragedia durante un pranzo in famiglia.
Non per noi è vivere per la morte e per gli schizzi di sangue,
fino a quando non perderemo tutto
e indosseremo la maschera del condannato a morte
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