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La sinistra e io

 La domanda fondamentale è: perchè devo preoccuparmi delle sorti della sinistra? Cosa ha mai fatto la sinistra per me? Me lo ha ordinato il medico? Avverto quel senso etico che induce un intellettuale a farsi carico di una missione storica? Lo spirito assoluto parla attraverso di me? No, forse è semplicemente il fatto che come cittadino sento il dovere di impegnarmi in politica per "fare la differenza". Aiutare gli ultmi i diseradati, fare giustizia. Non raccontiamoci balle. Ci interessano le sorti della sinistra perchè vogliamo una casa in cui stare, una comunità che ci accolga e si prenda cura di noi e ci sottragga da quella cappa opprimente e spersonalizzante dell'uomo a una dimensione. Un prodotto di massa, riconoscibile dai tracciamenti sui social e dalle indagini di mercato. La sinistra per molti di noi rappresenta il residuo di un'identià in via di dissolvenza, senza la quale siamo degli individui monotoni e in cerca di senso.

Ecco perchè. Forse i più giovani non cercano rifugi o timbri identitari, non sono addestrati a farlo, ma per noi vecchi la politica e l'identità che ti conferiva è stata il sale della vita, la sola maniera per sentirci protagonisti di un'epopea straordinaria, o del grande avvento (che non avviene mai). 

Lasciateci parlare di sinistra ancora un po', passare il tempo spiando gli operai dei cantieri non fa per noi

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La violenza

È tempo ormai che ho smesso di menare le mani, ma posso sempre ricominciare, in fondo diceva l'amico dei bassifondi è come andare in bicicletta. Non sopporto l'ombra nera che avvolge tutto e offusca ogni memoria di ponti sull'acqua e di maldestri abboccamenti di femmine  col cuore in affanno. Non sopporto la vigliaccheria che ti avvelena l'animo e proietta immagini della violenza benedetta dal cattivo maestro o usata come un destino di pietra dal sicario dell'ultima serie TV, surrogati della forza interiore dell'Übermensch. Eppure è lì, nella violenza, nell'amaro in bocca, nei rimpianti e nel ruggito dell'eroe che intravedi la salvezza e l'onore

Giano Bifronte

Giano bifronte, betulle di sangue e memorie dell'orbo di sotto. Guerra di orridi consigli e coscienze disperse nei vicoli di Leopoli. Donne del Donbass che fabbricavano bombe per il partito, vecchie, rancorose ormai, aspettare sull'uscio di casa la benevolenza di donne col saio e uomini accalorati. Giano bifronte, Gaza non vale una messa e nemmeno la pietà di infami belanti. Polvere di mattoni, rotte di fumo e sangue atteso. Pianure, pianure, detriti, memorie cancellate, volte di cannoni. Normalità cancellata la domenica della partita e delle risa di donne, freni stridenti del carretto dei bambini. Camici insanguinati dei tirocinanti dell'est, bravi medici, e padri e figli del rancore. Gaza, Ucraina, Ucraina, Gaza, la notte dei corvi viventi spazza via ogni ragione complice, prigionieri del vento oblungo. Giano bifronte, infami flagelli che non coprono le urla di madri, sedano con l'alcol e cattivi presagi la coscienza del secolo breve