Passa ai contenuti principali

La politica possibile di un mondo impossibile

La politica è o sarebbe l'arte del possibile. Questo possibile in Italia è stato meticolosamente recintato, presidiato e privatizzato da una classe politica fatta di persone volutamente ignoranti e altamente distruttive, che hanno ingabbiato ogni senso comune della politica stessa dopo averlo buttato  in un'arena di sputi, peti e pernacchie. Tutto ciò senza fare qualcosa di utile nemmeno per sbaglio, a parte qualche piccola correzione alla legge Fornero ad opera di uno dei peggio. 

Parliamoci chiaro, in un situazione del genere c'è chi ci campa alla grande, come certi industriali del nord, che si attaccano alla filiera tedesca, e c'è chi campicchia, come un  ceto medio residuale, deapauperato e in stato confusionale, ma che ancora conserva una certa capacità di spesa (fra questi lettori di Repubblica, buona parte vota il PD). Gli altri, giovani precari, disoccupati, pensionati e detentori di salari da fame se la cavano da male a malissimo, visto l'aria che tira. Questi ultmi dato che il possibile è occupato da certi partiti preferiscono astenersi o votare gli stessi partiti per una malintesa convenienza o per dare sfogo a quegli istinti malsani, concimati a dovere, che gli covano dentro.

Non so esattamente cosa possa conseguire da tuto ciò, non ho abbastanza strumenti per indicare un'alternativa, ma la parola stessa credo che indichi una strada. Il fatto è che ogni alternativa si presenta con il marchio di una scadenza a breve e con una dichiarazione di orgogliosa apparrtenenza a una minoranza indomita. Questo è il problema.

Dateci un'alternativa netta, maggioritaria, che si proponga di assaltare il cielo, pronunciata con parole convincenti e un fare deciso e vi seguiremo ovunque.

Commenti

Post popolari in questo blog

Vergogna

  Tutto degrada tranne la vergogna, nei cuori di tenebra non c'è vergogna. Vergogna è ansimare di cupi teatranti e sentimenti di mezzi uomini. Vergogna è anima di agnello sfuggito al latrare dei cani, vergogna è il ciglio abbassato del superuomo e il desiderio di morire restando vivi   Voglio seppellire la vergogna nell'oscurità del borgo  e nella gaiezza dei conventi, voglio dimenticare il sangue, il lavacro degli dei, le colpe del mondo profondo e tetro.

La violenza

È tempo ormai che ho smesso di menare le mani, ma posso sempre ricominciare, in fondo diceva l'amico dei bassifondi è come andare in bicicletta. Non sopporto l'ombra nera che avvolge tutto e offusca ogni memoria di ponti sull'acqua e di maldestri abboccamenti di femmine  col cuore in affanno. Non sopporto la vigliaccheria che ti avvelena l'animo e proietta immagini della violenza benedetta dal cattivo maestro o usata come un destino di pietra dal sicario dell'ultima serie TV, surrogati della forza interiore dell'Übermensch. Eppure è lì, nella violenza, nell'amaro in bocca, nei rimpianti e nel ruggito dell'eroe che intravedi la salvezza e l'onore

Giano Bifronte

Giano bifronte, betulle di sangue e memorie dell'orbo di sotto. Guerra di orridi consigli e coscienze disperse nei vicoli di Leopoli. Donne del Donbass che fabbricavano bombe per il partito, vecchie, rancorose ormai, aspettare sull'uscio di casa la benevolenza di donne col saio e uomini accalorati. Giano bifronte, Gaza non vale una messa e nemmeno la pietà di infami belanti. Polvere di mattoni, rotte di fumo e sangue atteso. Pianure, pianure, detriti, memorie cancellate, volte di cannoni. Normalità cancellata la domenica della partita e delle risa di donne, freni stridenti del carretto dei bambini. Camici insanguinati dei tirocinanti dell'est, bravi medici, e padri e figli del rancore. Gaza, Ucraina, Ucraina, Gaza, la notte dei corvi viventi spazza via ogni ragione complice, prigionieri del vento oblungo. Giano bifronte, infami flagelli che non coprono le urla di madri, sedano con l'alcol e cattivi presagi la coscienza del secolo breve