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Riccardo III

L'inverno del nostro scontento
Non ho motivo di respirare il rancore
e le bocche sulfuree dell'inferno.
La voglia malsana di vendetta e il  potere della spada,
non devono sopire voglie indicibili di canti di femmina
e degli abissi della natura che da la vita.
Non ho motivo  di gioire dello sgomento per le mie deformità
riflesso negli sguardi di donne
che mai aspirerebbero alla mia verga nodosa.
Mi guardo allo specchio e dopo un'abbondante libagione,
riesco ancora ad apprezzare le mie asimmetrie scomposte,
le mie fattezze piene di nere spigolature e geometrie ribelli,
oltraggio alla educata perfezione delle colone di marmo di Ravenna
e inno ai guizzi malevoli dei gargoille di Francia.
Clarence, chi mai è costui?
Cosa vuole da me mio fratello, perchè mi incalza?
E perchè io incalzo lui,
quando potrei godermi la gogna dorata del mio castello?
Non voglio essere re nè domatore di folle.
Non voglio cavalli nel mio regno.
Non voglio uccidere i miei fratelli, nè le volpi innocenti.
Purtroppo non sono io che decido
e non ci sono ciambellani che insorgono contro il buon costume
e sorridono agli occhi iniettati di sangue dei mendicanti ubriachi.
A pensarci ben non sono nemmeno Riccardo III,
sono il santo dei deformi  che attende
di danzare la Carola senza vergogna

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