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Il buen retiro

Non sappiamo quanto ci resta da vivere
e intanto ho fatto il pieno di benzina
e aspetto l'auto elettrica.
Oracoli da salotto si affrettano
sulla riva sabbiosa
sporchi di presunte verità.
Assistiamo alla commedia:
"occorre salvare il sistema pensionistico"
e per questo i nostri daimon sono espulsi dal coro.
D'accordo, tutto questo diventa scempio
della sacralità di un avvento che non avviene mai.
Preferisco leggere i classici greci,
visto che mi è rimasto poco tempo
piuttosto che il buon Chomsky,
cinereo profeta di un mondo che non vedrò.
Ancora cerco di capire i cicli economici
e tentare di decifrare fra le righe
il pensiero di Schumpeter.
Poi mi dico che sanno di infinito costoro?
Che sanno dell'intimità sgualcita
di chi ha perso la speranza
e vede la nuda vita e basta
senza le corone di alloro di pensatori
della buona educazione borghese.
Scienza per i vivi che non si accorgono di essere già morti.
Cerco le frasi idonee al buen retiro dalla vita,
quando sarà l'ora.
Forse riprenderò a fumare e a mangiare fritture e intingoli pieni di grasso.
Le sigarette costano,
ma la vita preservata dal cancro e dalle sindromi metaboliche,
ogni giorno che passa
perde il suo valore

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Vergogna

  Tutto degrada tranne la vergogna, nei cuori di tenebra non c'è vergogna. Vergogna è ansimare di cupi teatranti e sentimenti di mezzi uomini. Vergogna è anima di agnello sfuggito al latrare dei cani, vergogna è il ciglio abbassato del superuomo e il desiderio di morire restando vivi   Voglio seppellire la vergogna nell'oscurità del borgo  e nella gaiezza dei conventi, voglio dimenticare il sangue, il lavacro degli dei, le colpe del mondo profondo e tetro.

La violenza

È tempo ormai che ho smesso di menare le mani, ma posso sempre ricominciare, in fondo diceva l'amico dei bassifondi è come andare in bicicletta. Non sopporto l'ombra nera che avvolge tutto e offusca ogni memoria di ponti sull'acqua e di maldestri abboccamenti di femmine  col cuore in affanno. Non sopporto la vigliaccheria che ti avvelena l'animo e proietta immagini della violenza benedetta dal cattivo maestro o usata come un destino di pietra dal sicario dell'ultima serie TV, surrogati della forza interiore dell'Übermensch. Eppure è lì, nella violenza, nell'amaro in bocca, nei rimpianti e nel ruggito dell'eroe che intravedi la salvezza e l'onore

Giano Bifronte

Giano bifronte, betulle di sangue e memorie dell'orbo di sotto. Guerra di orridi consigli e coscienze disperse nei vicoli di Leopoli. Donne del Donbass che fabbricavano bombe per il partito, vecchie, rancorose ormai, aspettare sull'uscio di casa la benevolenza di donne col saio e uomini accalorati. Giano bifronte, Gaza non vale una messa e nemmeno la pietà di infami belanti. Polvere di mattoni, rotte di fumo e sangue atteso. Pianure, pianure, detriti, memorie cancellate, volte di cannoni. Normalità cancellata la domenica della partita e delle risa di donne, freni stridenti del carretto dei bambini. Camici insanguinati dei tirocinanti dell'est, bravi medici, e padri e figli del rancore. Gaza, Ucraina, Ucraina, Gaza, la notte dei corvi viventi spazza via ogni ragione complice, prigionieri del vento oblungo. Giano bifronte, infami flagelli che non coprono le urla di madri, sedano con l'alcol e cattivi presagi la coscienza del secolo breve