Il mio nome è qualcuno,
qualcuno che vorrebbe
scrollarsi di dosso
la tristezza di mondi cupi
è la fretta del disonore.
Cosa ho fatto per
meritare un posto fra coloro
che costruiscono ponti
tremolanti fra mondi
di bianchi e neri,
maschi
e femmine,
carnivori
e vegani,
pragmatici ragionieri
e protettori dell'orsa malvagia?
Niente, solo di tanto in tanto
discese verso gli inferi
e invocazioni al nulla eterno
per curare pulviscoli di anima
dispersi dal vento dell'est.
Domani compiremo l'ultimo giro del mondo,
capiremo se il secolo delle
passioni tristi è alla fine
o se dobbiamo aspettarci altre guerre
e altre epidemie di cervelli sanguinanti
e albe fiaccate da attese ribelli.
Il racconto va avanti,
le narrazioni proseguono,
perchè il nulla ha molto spazio
per le digressioni dei vinti.
Non c'è nessun messaggio di speranza,
se vogliamo scolari col fucile in spalla
dobbiamo rimettere indietro
le lancette del tempo
"L'infame involontario" è un membro di una ristretta categoria di persone, di per sè non necessariamente disoneste intellettualmente. L'infame involontario però è pur sempre un infame, oggettivamente spregevole nel suo esprimersi e nella costruzione delle sue tesi. A differenza dell'infame "volontario" soggettivamente infame, che coltiva la sua infamia in piena sintonia con la sua personalità, senza alcun senso di colpa ed è totalmente asservito alle esigenze del potere, l'infame involontario ha una storia travagliata alle spalle, fatta di conflitti interiori, di esperienze al limite, spesso contrassegnate dalla violenza come emersione di un percorso interiore in cui il parassita della doverizzazione ha imposto scelte radicali seppur sofferte. Parliamo di una visione della giustizia universale dove si impone la scelta di stare dalla parte del più debole e degli sfruttati senza fare sconti alla propria coscienza, consapevoli di dover compiere scelte ...
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