Preferisco il silenzio.
il sibilo sgraziato di parole non dette e sospiri rantolanti
preferisco questo alle orge di spritz
e ai racconti dell'orrore vacuo dei cazzari delle metropoli
Preferisco il mantra dei rosari delle vecchie di paese
al chiacchiericcio
da comari sulla porta ventosa
preferisco il silenzio composto dei chierichetti e dei sacrestani,
l'odore placido di muschio e i volti lividi di anonimi impiegati
al frastuono affaccendato di eserciti di tatuati
con le insegne sacre del dio dei pirla.
Preferisco la nostalgia col cuore rivolto
a un passato che ricordi male, ma dal quale non vuoi liberarti
al cogli l'attimo, quando l'attimo non è futuro di rivolta
ma edonismo pezzente e offesa dei morti
"L'infame involontario" è un membro di una ristretta categoria di persone, di per sè non necessariamente disoneste intellettualmente. L'infame involontario però è pur sempre un infame, oggettivamente spregevole nel suo esprimersi e nella costruzione delle sue tesi. A differenza dell'infame "volontario" soggettivamente infame, che coltiva la sua infamia in piena sintonia con la sua personalità, senza alcun senso di colpa ed è totalmente asservito alle esigenze del potere, l'infame involontario ha una storia travagliata alle spalle, fatta di conflitti interiori, di esperienze al limite, spesso contrassegnate dalla violenza come emersione di un percorso interiore in cui il parassita della doverizzazione ha imposto scelte radicali seppur sofferte. Parliamo di una visione della giustizia universale dove si impone la scelta di stare dalla parte del più debole e degli sfruttati senza fare sconti alla propria coscienza, consapevoli di dover compiere scelte ...
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